Parasite: invasione in casa Park

Avatar Rolando M. Faggiano

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7 minuti

Non so perché d’improvviso mi è tornato alla mente, ma avevo voglia di vedere un film del genere e per andare sul sicuro ho deciso di rivederlo a distanza di circa 6 anni dall’uscita nelle sale. “Parasite” del 2019 diretto dal sudcoreano Bong Joon-ho racconta la storia della famiglia Kim e di come nella loro situazione precaria riescono in qualche modo a tirare avanti. Grazie ad un amico il figlio, Ki-woo Kim, ottiene un’ottima occasione. Anche se incerto inizialmente deciderà di sostituire l’amico come tutor di inglese per la figlia della ricca famiglia Park. Una volta ottenuta la fiducia e il benestare della signora Park comincia il vero e proprio processo di “parassitaggio”, che vede tutta la famiglia Kim membro dopo membro insediarsi a casa Park in un modo che potrebbe definirsi ingegnoso ma creativo allo stesso tempo.

ALLERTA SPOILER
Già dai primi minuti viene messa ben in mostra la situazione socio-economica della famiglia Kim, che è costretta a fare dell’arrangiarsi un’arte per poter sopravvivere. Tra le cose però è da notare che nonostante il loro impegno e il darsi da fare la loro situazione sembra rimanere stabilmente precaria, accontentandosi di quel tanto che gli basta ma nemmeno lontano dal ritrovarsi addirittura senza una casa o essere del tutto impossibilitati a guadagnarsi qualche soldo per tirare avanti. Il tutto viene poi messo in evidenza contrapponendo alla povera famiglia Kim la ricca famiglia Park, che in questo caso subirà senza però rendersene conto.

Tutto inizia quando a Ki-woo Kim gli si presenta un’occasione d’oro tramite un vecchio amico, Min-Hyuk. Occasione colta quasi al volo, a dimostrare anche l’insicurezza di Ki-woo che man mano si evolverà in qualcos’altro. Elogiato dall’amico Ki-woo infine accetta il posto di tutor per la figlia dei Park, apparentemente senza curarsi dei secondi fini di Min-Hyuk. Ki-woo oltre ad essere un amico fidato di vecchia data era anche un rischio calcolato, considerato che avrebbe dovuto spacciarsi per l’universitario che non era. Quindi avrebbe potuto tenergli il posto in caldo fino al suo ritorno e senza preoccuparsi di essere sostituito definitivamente. Sostituzione intesa su due fronti, vista l’attrazione di Min-Hyuk nei confronti della figlia dei Park e la preoccupazione che qualche collega universitario al posto di Ki-woo possa soffiargliela. Sta di fatto che Ki-woo dall’insicurezza iniziale arriva piacevolmente ad essere sempre più sicuro di sé e soprattutto avido, tant’è che senza aspettare troppo intraprenderà una relazione con la figlia dei Park.

L’occasione data a Ki-woo rappresenta una svolta per tutta la famiglia Kim, che si attiverà anche senza un piano preparato ma si può di certo affermare che coglieranno l’attimo. A partire dalla sorella, Ki-jung Kim, che si ritroverà a falsificare i documenti per il fratello, necessari a dimostrare che frequenti la stessa università di Min-Hyuk, per poi essere assunta come insegnante d’arte per il secondogenito problematico dei Park. La sorella di Ki-woo, meno timida e più intraprendente del fratello, si immedesima fin da subito nella sua parte e poco dopo metterà in atto un piano davvero astuto per far assumere il padre al posto dell’attuale autista del capofamiglia dei Park. Un piano che pensato al momento per me sarebbe stato solo rischioso, invece sembrava guidato dall’esperienza anche se resta comunque una certa avventatezza. Ad ogni modo funziona e come una reazione a catena riesce a far assumere il padre, Ki-taek Kim. Neanche a dirlo l’ultima ad essere assunta dai Park sarà la madre, Chung-sook Kim. Anche lei come Ki-taek verrà assunta al posto di qualcun altro, questa volta però sarà la governante ad essere “fatta fuori” (lavorativamente). Ammetto che quest’ultimo è stato il mio licenziamento preferito, elaborato ma che si basa su un semplice dettaglio. In pratica sfruttando le informazioni acquisite lavorando in casa Park e con la collaborazione di tutta la famiglia, i Kim riusciranno a coordinarsi meglio di una squadra speciale solo per raggiungere il loro obiettivo.

Fin qui tutto liscio, la famiglia Kim infatti inizia man mano a rilassarsi. Forse un po’ troppo. Colgono l’occasione di una gita fuori porta dei Park per fare della stupenda casa Park, la stupenda casa Kim. In quella stessa occasione viene fuori un segreto custodito e condiviso dalla casa, appartenuta in precedenza ad un architetto, e dalla vecchia governante. Quest’ultima infatti dopo essere stata licenziata si ripresenta proprio durante l’assenza dei Park. Da quel momento in poi la situazione diventa come una grossa pietra rotolante all’Indiana Jones che investe tutta la famiglia Kim, fino a degenerare del tutto con un finale sanguinoso. Questo grosso pietrone composto da elementi maturati fino a quel momento ne rivelerà anche alcuni inaspettati. Uno imprevedibile e fuori contesto ma in ogni caso plausibile, l’altro invece riserva un colpo di scena da non sottovalutare.

Ammetto che “Parasite” mi è piaciuto di nuovo, anzi a distanza di anni direi che è perfino migliorato. Ai tempi quando è uscito nelle sale poteva essere frainteso se non si era abituati alle opere dell’estremo oriente, ma oggi direi che sia una visione apprezzabile da tutti. Azzarderei dire che è stato un precursore dell’intrattenimento che attualmente ci arriva senza filtri, soprattutto tramite le varie piattaforme di streaming. Basti pensare anche alla serie sudcoreana “Squid Game”. La parte iniziale mi ha ricordato lo sviluppo di alcune vecchie commedie italiane ma ovviamente con toni più scuri, approfondirò dopo questo aspetto, per poi finire coerentemente con le conseguenze di tutto ciò che i Kim hanno subito ma che hanno anche innescato. Infatti non definirei “Parasite” con un unico genere perché è un mix ben mescolato ad arte da Bong Joon-ho, mantenendo un equilibrio quasi perfetto che gli ha concesso di vincere la Palma d’oro a Cannes nel 2019 e nel 2020 svariati Oscar tra cui quello come miglior film. Attualmente incluso con l’abbonamento su Mubi o su Prime Video, solo se siete abbonati a Far East Channel, altrimenti lo trovate a noleggio sulle principali piattaforme di streaming. Buona visione!

La recensione continua con: Particolare da notare a inizio filmParagone con un film italiano in bianco e nero

Particolare da notare a inizio film
Nei primi minuti c’è una scena che non sembra aver un significato particolare, soprattutto per chi come me ha visto il film la prima volta senza manco leggere la trama o vedere il trailer. Vedetelo, il trailer! Alla seconda visione però direi che quella scena è emblematica in quanto richiama sia il titolo che il comportamento della famiglia Kim. Sto parlando della disinfestazione per le strade, in cui il capofamiglia dei Kim decide di prendere in pieno rimanendo di proposito le finestre aperte e a detta sua approfittando di una disinfestazione gratuita. In effetti con gli insetti una volta che si sono insediati l’unico metodo per liberarsene è proprio quello. Si potrebbe anche dire che nel film c’è una disinfestazione a inizio film e una alla fine, anche se con bersagli diversi lo scopo rimane quello di liberarsi dei parassiti. C’è da dire che anche la dinamica è inusuale, ma non aggiungo altro.

Paragone con un film italiano in bianco e nero
Film tra virgolette simili ce ne sono anche in Italia, ma quelli che mi vengono in mente simili nei protagonisti sia per ingegno che per capacità per lo più sono in bianco e nero. Ne citerò solo uno ma non sono pochi: “I soliti ignoti”. Film del 1958 e un classico della commedia italiana, con un cast invidiabile e, per dirne una, la celebre scena con Totò che fa il briefing sulle casseforti in terrazza. Indubbiamente il contesto è diverso e la distanza di tempo che li separa è notevole ma condividono degli aspetti che fanno riflettere. In entrambi lo scopo è mettere in atto un piano elaborato e allo stesso tempo audace col fine di migliorare la propria situazione, infatti quest’esigenza nasce proprio dalla povertà in cui vivono i protagonisti di entrambi i film. In più i protagonisti di entrambi hanno delle doti di adattabilità non indifferenti necessarie per portare a termine il loro obiettivo. Questi tre punti in comune però hanno scopi diversi, già prendendo in considerazione il genere che dalla commedia de “I soliti ignoti” passa al multi-genere con un finale da tragedia in “Parasite” non poteva essere diversamente.